Aldo Manfredi

Coraline e la porta magica

coraline

Se non avete già visto quel piccolo capolavoro d’animazione horror (o fiaba nera, se preferite) che è Coraline e la porta magica (Coraline, USA, 2008), forse questa potrebbe essere la volta buona per ripescarlo online o in qualche biblioteca.
In prima ragione perché Coraline fa veramente paura, cosa alla quale i bambini d’oggi sono sempre meno esposti, anestetizzati come sono dai ventimila omicidi che ogni ragazzo, formattato dai media come ormai tutti noi, è praticamente obbligato a guardare fin dalla tenera età. Esite forse un horror meno horror del telegiornale attuale ad esempio?
Coraline poi rappresenta un piccolo saggio winnicottino sul concetto di Madre sufficentemente buona, ed è questo che lo rende interessante sia per i genitori che per i bambini.

Winnicot sosteneva infatti che una madre non deve essere perfetta, ma “quasi” perfetta e, con il quasi, ribadiva che se una madre non sbaglia, non si contraddice, in definitiva non si mostra fallibile diventa un modello non superabile, che non tramonta, eterno modello di riferimento. Inoltre non sottopone il bambino ad una giusta dose di fustrazioni, “vaccino” ideale per il mondo che verrà, ricco di incoerenze, ambiguità e occasioni di sofferenza. Coraline poi, girato a “passo uno” (o stop-motion) è infatti, come ogni fiaba che si rispetti, costruito su più livelli di lettura: uno per chi ama le storie e uno per chi, come noi, ama gli indizi nascosti, nel nostro caso nemmeno troppo. Infatti Coraline, la nostra undicenne protagonista, ha due genitori perfetti, prototipi dei parents contemporanei.

La madre, interessata ad un lavoro che non pare di certo elettrizzante, dichiara alla figlia che quando finirà ciò che deve terminare (si parla di un catalogo) “farà la spesa” ma, purtroppo, non farla per almeno una settimana significa mangiare cose che solitamente i bambini odiano: cibi con sembianze di vegetali collosi con aria vagamente macrobiotica. Il padre, perennemente gobbo davanti al computer, svolge come la moglie un lavoro da casa, anche se non sembra essere una cosa esaltante nemmeno per lui (da notare però che negli Stati Uniti del 2008 evidentemente era già ritenuto normale rappresentare due genitori che lavorano attraverso un cavo di carbonio, qui non sarebbe credibile nemmeno ora, dieci anni dopo). Non siamo certo dalle parti di The Incredibles, ma piuttosto da quelle di una sana famiglia leggermente disfunzionale, con una madre molto “sono io che comando” e un padre che sembra non poco depresso.

Di conseguenza, la figlia passa i suoi giorni nella noia, rassegnata di fronte alla pochezza di chi ha accanto, più o meno come tutti i preadolescenti di oggi. Niente di caricaturale però: genitori veri nella loro assoluta imperfezione venata di anaffettività. Non si ride, al massimo si sorride. Siamo dalle parti di Appuntamento a Belleville, con però un pizzico di sano ottimismo anglosassone in più (l’happy end finale).

Nel suo perigrinare per casa in compagnia di una gatto (ci sono sempre gatti in questi film), che potrebbe benissimo rimandare ai roghi delle streghe, Coraline si imbatte in una molto carrolliana porta, che però si rivela essere murata. C’è un serratura, ma nessuna chiave in casa sembra in grado di farla girare. Una notte in un sogno (o in realtà?), un topolino la sveglia e la conduce davanti alla porta, aperta su un ingresso che sembra tanto l’interno di un cordone ombelicale, che conduce chissa dove. Naturalmente la nostra Coraline-Alice attraversa lo specchio, o meglio il cordone ombelicale e, magia delle magie, sfocia in un’altra dimensione, dove ritrova la sua casa, la sua camera e, al piano inferiore, mamma e papà. La madre però non deve più lavorare e, diversamente da quella reale, ha tanto tempo da dedicare alla figlia e cucina cibi favolosi, degni di un grande cuoco (in queste fiabe nere c’è sempre il cibo, come le case di marzapane). Il padre, tutt’altro che depresso, suona il piano in modo euforico, sembra un grande inventore e anche lui ha una gran voglia di passare del tempo con la figlia. Tutto regolare quindi? Ben vestiti, trendy e creativi, sono a tutti gli effetti una coppia di genitori perfetti, senza difetti, ben lontani dalle mamme di Winnicot. Con una particolarità: al posto degli occhi hanno dei bottoni di legno, cuciti direttamente sulla pelle. Ben presto Coraline, nonostante la scoperta decisamente inquietante, inizia a frequentare tutte le notti l’Altra-Mamma e l’Altro-Papà. Ma un bel giorno i due genitori perfetti le presentano il conto (nelle fiabe c’è sempre un conto da pagare per ciò che si ottiene senza fatica): un vassoio con ago, filo e due bottoni.
A questo punto però non vi diciamo più nulla, anche perché qualche briciolina per trovare la strada l’abbiamo pur lasciata cadere. Diremo solo che ciò che si rivelerà essere l’Altra-Mamma sarà direttamente collegata alla sorte dei genitori reali, rimpiccioliti e imprigionati in un minuscolo souvenir palla di vetro con neve, ma liberati da Coraline, che rivaluterà i tanto bistrattati genitori, carichi di difetti ma per questo reali, veri, rassicuranti.

Cosa c’è infatti di più inquitante di un telegiornale attuale? Una madre perfetta, senza difetti! Ne sapeva qualcosa Hitchcock: qualcuno ricorda la madre di Notorius (“La avveleneremo col caffè!”. “Ma io la amo” risponde il figlio terrorizzato di fronte alla proposta della madre di avvelenare l’affascinante Alicia Huberman-Ingrid Bergman, rivelatasi una spia americana), madre poi introiettata e “risputata” 14 anni dopo da Norman Bates in Psyco?
I genitori quasi perfetti invece sono come noi, allegri e depressi, severi e permissivi, ricchi di contraddizioni, immensamente lontani dai genitori che hanno avuto perché infilati a forza in una cesura storica che da un lato gli chiede di essere autorevoli ma dall’altro gli toglie terra sotto i piedi, autorità. A favore di chi? Social, amici, fun & drink… fate voi, tutto sembra cospirare contro il nostro ruolo. Ma proprio per questo siamo reali, imperfetti, forse suscitiamo anche tenerezza e un filo di compassione nei nostri figli, ma almeno siamo veri, indossiamo meno maschere, condividiamo di più e curiamo maggiormente i figli, come tutte le coppie monogamiche che vivono nelle società benestanti.

Coraline riscoprirà il valore dei suoi genitori quasi perfetti, e capirà che è l’imperfezione ad essere la perfezione. Genitori perfetti, che non sbagliano mai…. quale donna potrà mai prendere il posto di una madre che non sbaglia mai? Quale uomo potrà prendere il posto di un padre idealizzato in quanto assoluto esempio di infallibiltà papale?
Tutto finirà bene. La famiglia, nella miglior tradizione cinematografica americana, si ricongiungerà ma, come in tutte le opere di formazione, anche questo Bildungsroman in versione animata presenta un conto da pagare. E come in Kiki-Consegne a Domicilio (Kiki’s Delivery Service, 1989, Gia), uno dei tanti capolavori di Miyazaki, dove il passaggio dall’infanzia all’adolescenza della piccola strega viene sottolineato dal fatto che il suo gatto Jiji (un altro gatto!) non le parla più e, ora che è cresciuta, giustamente si limita a migolare, per Coraline ogni cosa non sarà più come prima: l’incontro col dolore ti cambia per sempre, il velo che ricopre le cose si svela e la terra ti appare per ciò che è: un posto dove stare, quasi perfetto. D’altronde non era Malaguzzi che diceva che “il mondo è un aquarello mai finito” e quindi, aggiungiamo noi, imperfetto?

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